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Michela Menegazzi

Data e luogo di nascita: Cormons (Go)
Via F.lli Bandiera,9 San Canzian d'Isonzo (Go)
Cell. 3358166539

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Biografia

Nata il 21 gennaio 1969 a Cormons (Go) si presenta come artista solo da quest'anno. La sua formazione artistica nasce da una grande passione per l'arte avuta fin da bambina e si consolida, in età adulta, con la partecipazione a corsi formativi su l'arte musiva, la scultura e la ceramica. Da circa un anno ha ripreso a creare lavori in mosaico utilizzando materiale di risulta, dando vita a creazioni che hanno riscosso notevole interesse quali, ad esempio, "Le luci di Manhattan". Attualmente sta sperimentando nuove tecniche di esecuzione pittorica quali la pittura acrilica , l'acquerello e la resina epossidica.

 

 

Recensioni

L'intenso colorismo dell'indagine di Michela Menegazzi rivela la passione convincente e sincera per lo studio delle tecniche espressive ed i materiali atti alla realizzazione finale dei lavori. Il concetto di 'tecnica' è fondamentale per comprendere non solo il metodo di esecuzione di un'opera ma anche per poterne valutare l'effettiva qualità sulla base di parametri ben delineati. La tecnica conferisce vita e forza ai pensieri, focalizza e determina le infinite sfumature di sensazioni, sentimenti che, diversamente, rimarrebbero confinati in un indistinto difficilmente interpretabile. Tutti viviamo nel cuore e nella mente le variegate dimensioni della vita, siano esse emozionali, razionali o intuitive. Ma la vera sfida per l'artista è maturare la capacità di identificarle e trasmetterle con efficacia e convincimento attraverso il metodo e la sperimentazione. Come detto inizialmente, lo studio dei contrasti cromatici è il punto di partenza da cui muove l'espressività della Menegazzi. Certamente ella ha intuito l'importanza dell'impatto visivo (o meglio, dell'emozione 'retinica') sul piano non solo della percezione apparente ma anche di quello inconscio mediante il coacervo di sensazioni, reminiscenze e persino 'suoni' che il colore richiama allo sguardo. Ma non solo. La Menegazzi punta anche sull'estrema sintesi figurazionale di un mondo ch'ella percepisce volutamente semplificato, talvolta idealizzato, più attinente ad un idillio interiore che al grigiore di una conclamata realtà. E in questo direzione si orienta la serie di acrilici di soggetto naturalistico dove prevale l'incessante ricerca dei miracoli che ogni giorno la natura compie intorno a noi, rilevabili dal più piccolo dei fiori fino alla grande Stella madre che illumina la terra. Studi di forme e colori nelle attente esercitazioni ad acrilico che paiono essere propedeutiche alla vera vocazione della Menegazzi: la tecnica del mosaico, il fascino irresistibile della sua esecuzione tutta manuale, lo studio sull'impiego di paste vitree, piastrelline, colle, sabbie, resine, e quant'altro possa considerarsi utile alla composizione. Sì, proprio il mosaico, dove la sintesi diventa non scelta ma condizione indispensabile per l'effetto finale, e dove il già citato colore esercita un ruolo essenziale per evidenziare la profondità del campo visivo. Qui, nei contrasti luminescenti e nelle linee nitide dei contorni, il suo mondo interiore esprime la sincera meraviglia del cuore e, se vogliamo, anche la gratitudine di poterne contemplare i suoi molteplici aspetti, non contaminati dai guasti procurati dall'uomo. Un mondo che si presenta per come è, senza giudizio alcuno, con il pregio, riservato a pochi, di una curiosità bambina, quale antico valore oramai smarrito. Il mosaico 'Le luci di Manhattan', del 2020, sembra essere un riepilogo di queste considerazioni. Gli elementi di natura fanno da cornice ad una metropoli lontana che ci appare come fosse un incastro di mattoncini in Lego. Tutto è armonia e felice combinazione di elementi. Sensazioni che, parimenti, ci vengono restituite, negli altri lavori, dove sono protagonisti  animali o piante. In questo recupero dell'arte musiva, di cui il Friuli può vantare fondamentali testimonianze storiche, seppure per ragioni diverse, da Aquileia a Spilimbergo, la Menegazzi incontra se stessa, la sua vocazione dettata da una necessità interiore di esprimere stati d'animo che ha radici lontane. E' l'incontro con la parte più genuina di sé, laddove emerge lo splendore incontaminato dell'autenticità e non c'è spazio per la mistificazione. Il luogo dove l'Anima si sente finalmente a casa nella totale pacificazione interiore, in attesa di ripartire per un nuovo viaggio nel regno della fantasia più libera. 

                                                                                        Giancarlo Bonomo

 

Il varco pregevole che l'artista Michela Menegazzi riesce ad apri­re e spalancare attraverso il suo fare pittorico ha a che fare ed è inficiante con un mondo sostanziato da un realismo di fondo di matrice figurale, che attinge da una velatura di impronta magica e onirica che lo rafforza ed è composta e costituita dalla potenza delle suggestioni particolarmente impattanti, che colpiscono fin dal primo sguardo. Si tratta di una pittura di sostanza e non di semplice esercizio estetico fine a se stesso e a se stante, che emerge e si alimenta anche delle più profonde e recondite zone dell'in­conscio e dell'ego intimo, oltre che dell'afflato razionale e trova la sua effi­cace e incisiva capacità espressiva in un linguaggio comunicativo pregnan­te, che diventa un suo proprio personale esclusivo codex caratterizzante e qualificante. L'arte di Michela si sta progressivamente sviluppando ed evolvendo perfezionandosi e affinandosi nella resa scenica e nella struttura narrativa e merita senza dubbio una positiva attenzione e considerazione. Le linee guida che Michela segue come orientamento di spunto e di riferi­mento si possono accostare e avvicinare a una tendenza legata e connessa agli stilemi della tradizione figurativa, ripercorrendo la storia dell'arte in modo trasversale e perseguendo uno stile garbato, sobrio e pacato, senza eccessi, senza orpelli e senza ridondanze sofisticate ed evitando di genera­re meccanismi troppo complessi e complicati di orchestrazione composi­tiva, cercando invece un contatto diretto e immediato con lo spettatore e una spontanea, fluida e naturale coesione di scambio e di interscambio, per arrivare a una condivisione reciproca autentica e senza forzature. Il buon gusto innato e la propensione verso il senso del bello e della bellezza la stimolano nella ricerca di una visionarietà elegante e raffinata, con acco­stamenti sempre congeniali e adeguati anche a livello cromatico e tonale e con una compostezza ordinata e armoniosa nelle sequenze strutturali, che conferisce un equilibrio di insieme impeccabile. Astrazione e realtà, reale e fantastico, sogno e verità, creano all'interno del contesto pittorico una profusione di sensazioni percettive molto coinvolgenti e danno vita ad una dimensione speciale precipua ad accogliere scenari e suggestioni, che fanno da snodo nevralgico e cruciale nell'assetto compositivo tematico. Il carisma creativo di Michela si riflette e si rispecchia appieno nel suo operato e trasmette un quid molto accattivante alle opere e al contempo la spiccata sensibilità le riveste di delicata e suadente grazia poetica. Il colore e la luce con gli effetti luminosi e i giochi chiaroscurali assumono connotati di rilevante importanza e sono indispensabili nell'impianto compositivo e consento di costruire quel dop­pio piano di lettura e quella duplice fase di fruizione a cui Michela tiene moltissimo porre dinanzi lo spettatore.

L'arte di Michela offre una propria definita e compiuta manifestazione espressiva, che si congiunge ad un approccio profondamente empatico con la creatività e con la vena creativa, che assume e riveste un ruolo determi­nante unitamente ad una predisposizione squisitamente votata e declinata al femminile, che amplifica la visione di ricerca di una propria impronta coerente, moderna, ma al contempo aderente a valori e principi cardine im­prescindibili. Sentirsi donna-artista pienamente e perfettamente realizzata nell'aver trovato un proprio equilibrio mentale la fa sentire compiaciuta e gratificata nella sfera personale e creativa, consentendole e permettendole di raggiungere un equilibrio poetico-pittorico altrettanto radicato e con­solidato.

 

                                                 Recensione critica a cura della Dott.ssa Elena Gollini



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