Nata a Venezia nel 1975, Elisa Succi manifesta fin da giovanissima una spiccata passione per il disegno. Durante l' adolescenza, armata solo di una matita, ritrae con naturalezza tutto ciò che cattura il suo interesse: statue, animali, volti, dettagli. In età adulta, coltiva il suo percorso artistico principalmente come autodidatta. Si fa conoscere nel territorio della provincia di Gorizia partecipando a numerose estemporanee di pittura, dove ottiene eccellenti risultati, spesso classificandosi ai primi posti. La sua formazione si arricchisce con l' ingresso nell' Atelier d' Arte Lucio Comar di Cervignano, dove ha la possibilità di sperimentare varie tecniche pittoriche: olio, acrilico e pastello. È proprio in quest' ultima che trova la sua vera vocazione: si innamora del pastello secco, una tecnica che approfondisce con passione, frequentando workshop con artisti di fama nazionale come Michela Bogoni e maestri internazionali del calibro di Ruben Bolloso e Vìcente Romero. Nei suoi lavori porta al pubblico la sua personale visione dell' arte, in particolare attraverso il ritratto di intensità del pastello secco.
Negli ultimi anni ha scoperto anche una grande vocazione per I' insegnamento: ha trasmesso la sua passione per la pittura guidando gruppi di allievi e valorizzando le peculiarità artistiche di ognuno, presso Belle Arti Meraviglia di Ronchi dei Legionari. Ha insegnato con entusiasmo presso l' atelier dove lei stessa ha mosso i primi passi e ha creato percorsi formativi che hanno portato alcuni allievi a realizzare e inaugurare con successo le proprie mostre personali.
Nei suoi ritratti a pastello, Elisa rivela una profonda ricerca del dettaglio. Da lontano, le sue opere sembrano quasi fotografie per la loro precisione iperrealista; ma è avvicinandosi che si svela la vera anima del suo stile: il tratto del pastello, con la sua morbidezza e le sfumature delicate, diventa veicolo di emozioni e stati d' animo autentici, catturando lo sguardo e toccando il cuore dello spettatore.
Nell'osservazione dei lavori di Elisa Succi, molti avranno – per naturale associazione – comparato gli stessi con la fotografia, sottolineandone i punti di convergenza nel realizzare quella percezione del reale che anche l'obiettivo della macchina, almeno in parte, restituisce. Ma, tale paragone – a nostro avviso – non rende merito all'indagine e al metodo di questa artista figurativa preparata e attenta, che denota una capacità di cogliere i dettagli delle forme vive davvero non comune. La fotografia, nella sua riproduzione 'neutra' e algida della realtà, non può aggiungere nulla di veramente umano e sentimentale ad un volto o una scena. Certo, l'abilità del fotografo si evince dalla scelta della pose, degli sfondi d'ambiente come dalle condizioni ottimali della luce. Un fotografo può cogliere quell'attimo decisivo in cui Cartier-Bresson identificava l'immagine perfetta, il momento giusto che non potrebbe che essere quello, in quel preciso istante, né prima né dopo. E, sotto l'aspetto documentaristico, non c'è nulla da dire. La fotografia può anche suggestionarci e trasmetterci pathos, emozione, ma non la vita pulsante che percepiamo nel profondo. Questo non è possibile per il fatto che una fotografia è un'immagine cristallizzata, immutabile, che ferma un ricordo distante oramai trascorso. In un certo senso è un'immagine morta di ciò che è stato e ora non è più. Al contrario dell'opera d'arte che, invece, mantiene nella materia, nei pigmenti del colore quella vibrazione dell'anima di chi l'ha concepita ed ha impresso su di essa la propria energia vitale, senza mistificazioni. La fotografia può ingiallire tristemente nel tempo, ma l'opera eseguita con le mani e la tensione interiore dell'esecutore vive e vivrà un'esistenza autonoma che muta (perché muta la materia) e si perpetua nel tempo, come un prodigio. Questa premessa è utile per chiarire come vi sia una netta differenza tra due modalità rappresentative, entrambe valide, certo parallele ma diverse. Nessuno potrebbe negare l'artisticità ad una fotografia o la fotogenia di un soggetto, ma c'è una netta distinzione valoriale tra l'utilizzo di una macchina e la manualità artigianale che, in seguito, per effetto della sua unicità ed esclusività non replicabile allo stesso modo, diviene arte. L'indubbio talento e la pregevole sensibilità figurativa della Succi, confermano i presupposti di questo ragionamento. Dinanzi alle sue esecuzioni – specie della ritrattistica – ci accorgiamo che i soggetti, pur essendo in posa, ci rendono esplicitamente partecipi di un proprio microcosmo da cui, nel silenzio dell'immagine, possiamo risalire ad una dimensione psicologica che sembra tradire il suo intimo segreto nella condivisone con noi che guardiamo. La luce che percorre le figure carezzandole con garbata delicatezza – e qui va sottolineata la maestria dell'autrice nel realizzare sfumati ed effetti chiaroscurali nella non facile esecuzione a pastello secco – restituisce il senso della loro presenza, quasi a delineare un'aura animica che ne accompagna il cammino terreno. Quella luce che si riverbera poi dentro gli occhi dei suoi personaggi, ponendo in risalto quell'umanità inesprimibile che le parole stesse non potrebbero descrivere. Ecco, dunque, il potere dell'immagine: evocare l'invisibile, le ragioni non dichiarate che pure sussistono nel cuore e nella mente, e di cui gli occhi ne sono specchi eloquenti. Seduzione, sgomento, inquietudine. Eppoi candore, compiacimento e consapevolezza di essere dentro la vita vera. È la costellazione di stati dell'anima che la Succi propone da osservatrice attenta, magari immedesimandosi in una comune condivisione. Terenzio sosteneva che nulla di ciò che è umano è estraneo all'uomo stesso. E forse è così anche per questa autrice. Riconoscere qualcosa, o molto, di se stessa in quelle figure che ama. Perché solo l'amore e la passione del creare, dell'esprimere, possono far raggiungere risultati convincenti. E poi, sottotraccia, il privilegio di scoprire tante piccole verità nei suoi personaggi silenziosi, sempre fedeli, incapaci di mentire. Quella verità che il mondo ingiusto e distratto ci nega, ogni giorno. La Succi ne è consapevole. E forse proprio per questo ha trovato un porto sicuro entro i confini della sua espressività. Quei tratti fermi e sicuri, le carezzevoli luci ambrate di pomeriggi incantanti, così come tutte le altre figurazioni naturalistiche o le citazioni storiche realizzate ad olio o acrilico, ci riportano questa netta percezione: che l'arte sia uno dei pochi rifugi esistenziali dove possiamo ritrovare noi stessi e ciò che conferisce senso alla Vita.
GIANCARLO BONOMO
Novembre 2024
Marzo 2025